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lunedì 24 ottobre 2011

Isteria collettiva

Come un grande palcoscenico, nei principali social network si tende ad amplificare qualsiasi cosa succeda come fosse la fine del mondo mettendo così tutto, dalla notizia più futile a quella più rilevante, sullo stesso piano.



Oggi è morto Marco Simoncelli.






Appena la notizia è stata confermata il web è andato in tilt. Migliaia di persone hanno postato commenti su Facebook, taggato foto che lo ritraevano e scritto post su blog esprimendo tutto il loro dolore.
Ma cerchiamo di vedere le cose con la giusta lucidità senza risultare troppo cinici ma neanche troppo buonisti.






Marco Simoncelli era un motociclista, morto CONSAPEVOLE di fare un "lavoro" ben pagato ma rischioso. Nessuno lo obbligava a correre, a mettere continuamente a repentaglio la sua vita ma la passione che aveva per le due ruote lo hanno portato a una fine tragica.







Ci sono invece tante altre persone che muoiono in silenzio. Operai che fanno lavori degradanti, sottopagati. Persone costrette a mettere a rischio la propria vita sul posto di lavoro non per appagare un proprio io smisurato ma semplicemente per arrivare a fine mese, per avere i soldi per mangiare, mantenere i figli e magari pagare anche il mutuo. Ecco per loro non una parola, non un commento. IL VUOTO.


Perchè questo?
Devo forse malignamente pensare che tutti coloro che hanno pianto virtualmente la scomparsa di questo ragazzo lo abbiano fatto solo perchè si immedesimavano nei suoi successi, considerandolo così come un eroe da venerare e proteggere?




Bè i veri eroi sono altri.




Eroi sono tutti quei libici che hanno sacrificato la loro vita per restituire alla propria gente e al proprio paese un po' di libertà e giustizia.








Eroi sono tutti quei passeggieri del volo United 93 che l 11 Settembre hanno tentato di riscrivere il proprio destino e quello di una nazione intera. Si sono ribellati al piano suicida di quattro pazzi integralisti islamici che "volevano cambiare il mondo".









Il dolore se è vero e sincero non ha mai bisogno di manifestazioni plateali. Chi soffre sta in silenzio, circondato di ricordi, solo con sè stesso e i suoi fantasmi.

Il resto è solo isteria collettiva.

7 commenti:

  1. Come non essere d'accordo con la tua riflessione. Qualsiasi persona dotata di un po di sale in zucca, ti approva. Ma i media ci hanno ormai inquadrato in uno schema predefinito dove noi ci lasciamo trasportare dall'andamento della massa, messa in moto da chi trae un interesse da questo movimento.Fare leva sull'emotività della massa produce sempre il risultato della "isteria collettiva". Complimenti a te, se da questa massa riesci a starne distaccato per guardare gli eventi da un'altra prospettiva. un saluto.

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  2. Sono anche io d'accordo con le tue parole. C'è anche da dire, però, che Simoncelli era un ragazzo molto giovane, consapevole che lo sport che praticava era pericoloso. Ma la paura non è stata in grado di mettere a tacere una passione così grande.
    Era un idolo per molta gente appassionata di motociclismo.
    Credo che sia questo il particolare che ha portato un sacco di persone ad esprimere il proprio rammarico in modo un po' più "forte" del solito.

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  3. D'accordissimo con te, però credo sia anche normale tutto questo "casino mediatico" che si crea quando muore un personaggio più o meno noto!

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  4. Concordo con LaTimida. Credo vada tutto in relazione alla popolarità. La sera prima sono morti anche Don Mazzi e Damiano Russo, entrambi "famosi" eppure non se ne è quasi parlato.

    Non credo sia nulla di anormale anche se un pensiero a un qualsiasi altro morto si dovrebbe fare ogni giorno. Giusto per rendersi conto di quanto possa essere crudele il destino.

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  5. Per i media siamo una massa di pecore belanti. Il problema è che molti di noi sono contenti di essere dipinti in questo modo.
    Non credo sia tanto la popolarità che il personaggio in questione ha ma più la capacità di far sognare la gente a renderlo un "mito" per molti.
    Simoncelli faceva il motociclista ad alti livelli, era famoso, sicuramente ricco e pieno di donne. Questo è bastato per farlo diventare un "modello" di riferimento, un vincente, uno da cui prendere spunto. A tutto questo si aggiunge anche la tenera età.

    La nostra società è malata, si da risalto all'apparenza, al successo mentre chi muore in circostanze più drammatiche ed è stato un poveraccio tutta la vita rimarrà sempre nell'ombra.
    Per carità ogni morte è una perdita, ma in questo caso è stato davvero tutto TROPPO eccessivo

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  6. Questa isteria è il frutto di un senso di gratitudine mal riposto. Oggi è grande chi fa emozionare e appassionare da un piccolo schermo non chi si sacrifica nei luoghi dove nessuno andrebbe mai nemmeno a pensare di trovarsi.
    Un saluto

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